COLLABORAZIONE EMPATIA E DONNE.


I migliori sistemi che sono stati costruiti sono il frutto di un team che ha unito le migliori capacità dell'uomo per raggiungere un fine o un obiettivo. Mai prima di questa momento storico abbiamo potuto raggiungere in tempi brevi persone con capacità specifiche lontane e di lingua diverse. La globalizzazione e la connessione al web ci aiutano a collaborare in maniera attiva e con una rapidità che mai prima avevamo potuto immaginare. In questa maniera possiamo strutturare soluzioni innovative e avveniristiche senza grossi sforzi e scoprendo l'altro come una fonte di ricchezza per l'evoluzione dell'umanità.

L'uomo non è solo interessato ai beni materiali, questo bisogno è stato costruito per mantenere in piedi un sistema economico ormai superato ed estinguibile, siamo persone emotive e con il bisogno di un sè sociale ormai adulto che non fonda le sue radici in esigenze basilari della sua sussistenza ma con l'esigenza di un benessere psico-fisico ampio e più importante. Collaborare, nel senso stretto di sostenere e aiutare, operare congiuntamente verso un obiettivo, dovrebbe essere il nostro nuovo modus operandi. Questo non ha la prerogativa che sia svolto in forma esclusivamente gratuita ma che si guardi tutti insieme ad un obiettivo condiviso con un predeterminato aspetto sociale.

Benessere personale e sociale, inclusione e stile di vita.

Questo comporta non solo prendersi cura del nostro io ma, anche, guardare l'altro non solo come osservatore passivo, scoprire il modo per cui rendersi attivi e formare quel benessere diffuso che garantirà un miglioramento di vita alle prossime generazioni.

Rifkin sostiene nel suo libro, Civiltà ed Empatia, che: "D. Tapscott e A. D. Williams nel loro libro -Wikinomics, La collaborazione di massa che sta cambiando il mondo-, sottolineano che il potenziale collaborativo dell'uomo, connesso attraverso tecnologie di calcolo distribuito, porta l'economia dal modello di business tradizionale a un nuovo territorio basato sull'apertura, il peering, la condivisione e l'azione su scala globale. Le tecnologie peer to peer della terza rivoluzione industriale danno il via al capitalismo distribuito e, nel farlo, rendono obsoleti e irrilevanti numerosi presupposti del capitalismo di mercato" Secondo A. Smith l'individuo persegue il proprio interesse particolare nel mercato, contro l'interesse altrui, in questa maniera contribuiva in qualche misura al benessere collettivo; il modello distributivo parte da un presupposto diverso e che se gli è possibile l'uomo è per natura disposto a collaborare con altri, spesso anche gratuitamente, per la pura gioia di contribuire al bene comune. Quindi il benessere degli altri amplifica il proprio benessere.

Si inizia a parlare di leader empatici.

La sensibilità empatica è efficace sia nell'ambiente lavorativo che nella nostra vita di tutti i giorni, Goleman la inserisce come indispensabile per gestire un ambiente di lavoro e le fasi critiche: " Ciò significa creare relazioni profonde e serene, affinchè tutti possano facilmente condividere le informazioni e cooperare in modo efficiente. "Molto presto la qualità della vita avrà la stessa priorità del successo economico personale, a questo punto l'empatia troverà lo spazio per svilupparsi e progredire, perderemo l'egoismo come interesse particolare della nostra vita e la società sarà fondata sul benessere di vita." Empatia, collaborazione e cooperazione saranno le armi migliori per evitare che i conflitti possano trasformarci in una società che segue la strada del decadimento e della rovina.

A tal proposito è opportuno focalizzare l'attenzione esclusivamente su quello che risulta la dote migliore per un team leader, l'empatia. Non è una cosa con cui si nasce ma una peculiarità che si sviluppa nel corso del nostro cammino esperenziale, sia dal punto di vista educativo (scuola e famiglia) sia dal punto di vista lavorativo. Sono tante le competenze che modulano un intelligenza emotiva e comportano una leadership positiva: consapevolezza del sè, padronanza del sè, motivazione e abilità sociali, oltre all'empatia.

Vorrei riuscire a far riflettere su quanto queste competenze possano essere presenti nel genere femminile e che ad oggi non vengono valorizzate, senza per altro farne un problema esclusivo di genere. Sappiamo benissimo che anche il genere maschile ha competenze di intelligenza emotiva ma sono sicuramente molto più riconosciute a livello sociale.

Nell'appendice 3 del suo libro "Lavorare con intelligenza emotiva" Goleman riporta dati empirici sul genere e l'empatia, in cui evidenzia che non ci sono sostanziali differenze ma aggiunge un eccezione molto significativa: "Le donne venivano impercettibilmente stimolate a dimostrare la propria empatia dal ricercatore, il quale lasciava loro intendere che essa fosse un carattere tipico dell'identità femminile. Con quello stimolo, tornò ad emergere un vantaggio femminile nell'empatia"

Questo può dirci che spesso non riusciamo veramente a dimostrare tutte le nostre abilità perchè non sostenute da un pensiero sociale strutturante e che il nostro sé pubblico è molto debole e non convalidato dal sé sociale maschile. A ribadire questo fatto sono i dati sulla presenza delle donne come leadership manageriale: in Italia solo il 15,2% dei membri CdA è donna, in un analisi del marzo di quest'anno il 61% delle donne in CdA si trova al nord, il 34% al centro, solo il 5% al sud; Toscana e Umbria le regioni più rosa, ultima la basilicata.  

Nella Global Gender Gap del 2014 siamo 69esimi, prima di noi troviamo il Burundi. 

Se il dato Globale riferito alle donne che occupano posizioni manageriali è leggermente in calo rispetto allo scorso anno, con un 22%, si conferma il ruolo di leader dei paesi dell’Est Europa, che occupano le prime sette posizioni nella classifica dei primo otto paesi con il più alto numero di donne in posizioni manageriali: Russia (39%) e Polonia (34%) sono le nazioni con il più alto tasso di presenza femminile, e dove il numero di aziende nelle quali  le donne sono assenti è il più basso in assoluto. 


La situazioni dell’Europa è in costante miglioramento nell’ultima decade, soprattutto in paesi come Francia e Spagna, nei quali sono state varate leggi  per favorire la presenza femminile sul posto di lavoro, nonché Svezia, anche se i numeri riferiti alle aziende che non presentano donne in posizioni di management rimane consistente, con la Germania che presenta il dato più allarmante, con il 58% delle aziende prive di donne al comando. In gran parte dei paesi dell’America latina, quali Argentina e Brasile, la situazione è in costante regressione: nonostante la presenza delle donne in politica continua ad essere rilevante, le donne nel mondo delle aziende, che occupino posizioni di rilievo sono in calo di 10 punti percentuali negli ultimi 6 anni. 

Agli ultimi posti in classifica in termini di “donne al comando” si conferma il Giappone.

Dai dati emerge un vuoto immenso, riempito qua e là da piccole concessioni che sembrano più dovute, che per senso di reale collaborazione di genere. Il problema culturale è determinante per farci sentire in lieve inferiorità rispetto ad un sè pubblico maschile forte e con poca intenzione a condividere il timone.

Esistono anche esperienze molto positive, sia in ambito lavorativo che familiare dalle quali trarre aspetti culturali di crescita comune e di apertura. Collaborare verso un obiettivo condiviso di benessere e qualità della vita, comporta  la valorizzazione della differenza.