Sappiamo davvero quello che vogliamo ....


Siamo in un mondo costruito sulle relazioni, che si sovrappongono e si intersecano tra di loro, comunichiamo talmente tanto che non sappiamo più nemmeno perchè lo facciamo, cosa stiamo dicendo e forse neppure a chi, il nostro mondo personale che si perde in un immenso spazio di altri mondi e di altre identità.

Giovanna vive in una periferia dormitorio, l'ultima volta che ci siamo viste mi ha detto che sarebbe meglio che pensassi a me più che a lei; il ragionamento non fa una piega, in fin dei conti cosa mi frega se stai male, quando hai bisogno chiama o meglio ancora chiama qualcun altro che forse mi solleva dal sentirmi coinvolta in un malessere fisico e psichico. Eppure la conosco così bene che posso dire che era solo una modalità per non affrontare il problema o ridurlo.

Paola ha chiuso un amicizia per due parole di un evento perso in un messaggio in chat: "grazie nè!" Come se la relazione non fosse importante e tutto ciò che è stato scambiato inesistente, una superficialità paradossale.

Gino non  ha proprio risposto, non ha chiamato per il banale motivo che aspettava un pacchetto preconfezionato che non è arrivato.

Le persone non sono equilibrate. Non si conoscono.

Ti muovi in un negozio di oggetti di vetro come un gigante e hai più paura di far del male che riceverne, sei così preso dalla potenzialità della tua comunicazione che immagini che anche per gli altri sia lo stesso, in effetti stai sbagliando tutto. Per molti la comunicazione, al di fuori del loro territorio interiore, è un modo per soddisfare i propri bisogni, primari e secondari, in alcuni il livello si ferma ad un ammissione positiva o negativa (si o no), qualcuno si spinge leggermente oltre, praticamente un orticello dai confini a brevissima distanza, che alcuni delimitano con siepi gigantesche tanto da  nascondere tutto per non provocare invidia, che poi da invidiare c'è veramente poco. L'importante è non dirgli che stanno coltivando una serie di verdure non propriamente adeguate che subito si ritraggono e, se possono, vengono a farti le pulci.

Io di pulci ne ho tante, ammetto anche di averle e ringrazio dell'interessamento, fa sempre piacere essere aiutati.

Sofie preferisce ferirti, prima ti aiuta e ti accoglie, poi ti abbandona sul ciglio della strada.

Maria non ti fa entrare, chiude la porta della sua anima e parla solo delle cose che interessano a lei, praticamente un elenco della spesa egocentrico.

Siamo mondi complessi in una dimensione individuale, che ci siamo creati per difenderci, soli ci perdiamo a cercarci come ciechi senza guida, allontanandoci dal vero significante di una vita serena.

Marta sta con Luigi, lui si allontana spesso a cercare nuove braccia e nuovi orizzonti e lei passa le sere a piangere sui film romantici; Oriana è sola con sua madre, guarda fuori dalla finestra e sogna le stelle, si chiede per quanto tempo potrà ancora sognarle prima di perdere il senso dell'immaginazione. Andrea vive con un lavoro pesante, cerca un altro cuore solitario per sentire il calore di un amore. Ci fraintendiamo e perdiamo di vista il vero obiettivo di questa immensa umanità, riuscire a sostenerci per replicare la quotidianità senza distinzione, un immensa energia cosmica, lo sforzo di una natura ed un miracolo chimico impressionante e noi ci perdiamo in quello che è la banalità più assoluta. Trattiamo il nostro vicino con distanza emotiva, poi ci prendiamo cura in maniera filiale di colui che vive agli antipodi, siamo una società malata e non riusciamo a rendercene conto.

Elisabetta non conosce i suoi nipoti, adesso ha adottato tre ragazzi peruviani.

Anna non si sposa ma ama un ragazzo in chat che abita a Sidney.

Carmela non ti dice direttamente che vorrebbe una certa cosa, altrettanto abile a farti sentire in colpa perchè non l'ha ricevuta.

Il mondo lo facciamo solo perchè possiamo identificarci in un NOI, in solitaria sfida possiamo solo decretare l'estinzione dell'umanità in tempi veramente brevi. Ci siamo evoluti nell'ambito cultura tanto da diventare una società estremamente collegata e connessa, possiamo sentire il respiro del Giappone e ammirare una tempesta in America del nord, riusciamo a guardare oltre il sistema solare e comprendere le onde gravitazionali ma non riusciamo a essere empatici, non comprendiamo che uscire da questa crisi significa redigere nuove mappe concettuali e nuove modalità economiche, comprendere, valorizzare e sostenere dovrebbero essere le parole chiave per ridipingere il futuro.

Gianna ha fatto cooperativa con Flavia e Lidia, hanno aperto un temporary shop con la vendita di attività artigiane, non guadagnano cifre improponibili ma tengono duro.

Sara  e Luisa hanno avviato un attività di consulenza aziendale di marketing, non è facile ma ci provano.

Bianca ha ripreso a dipingere, acquarelli e qualcosa vende.

Marcella, Virginia, Elena e Paola hanno avviato una cooperativa di servizi, stanno dando il massimo e i guadagni faticano ma sbarcano il lunario.

Marina e Betta hanno aperto un asilo nido familiare, faticoso e con pochi guadagni ma hanno feedback  emotivi molto importanti

Le donne sono il genere migliore per infondere cambiamento, sono millenni che dobbiamo risolvere il problema della replicazione della quotidianità, della garanzia di crescita delle future generazioni, pertanto riusciamo a camminare su strade sconnesse riuscendo a trarre il massimo profitto con il minimo delle risorse.

In realtà siamo le meno ascoltate.

Se le donne facessero rete, il mondo si sveglierebbe cambiato in un battito d'ali, la lingua che parla al cuore di una donna è uguale per tutte, le donne sanno che non è importante quanto guadagni ma che tu possa vedere il tramonto di domani.

Niente di nuovo su questo pianeta e su questa galassia, oltre Nettuno fatico ad avere un immaginazione, però trovo che non ci siano sforzi verso un cambiamento ma soltanto rimettere in gioco le stesse carte colorate con nuove sfumature e spesso sono solo di grigio.

Comunicazione dissennata, relazioni patologiche, paura indiscriminata verso l'altro, sensazione di isolamento e sostegno inesistente permeano la vita di tutti noi, un processo di malattia quasi incurabile ma solo perchè non ci rendiamo conto di quanto siamo realmente a un passo dalla caduta.

Sappiamo davvero quello che vogliamo, sappiamo davvero guidare questa macchina verso il luogo che desideriamo o abbiamo il navigatore che non riesce a localizzarci e quindi brancoliamo nella foresta cercando segni da parte di esploratori che ormai hanno dismesso abiti troppo usurati. Siamo certi che il termine abbandonare non ci spaventi e che forse è proprio questo che ci impedisce di trovare nuovi sentieri. Siamo certi che l'innovazione non sia altro che un processo digitale oppure un nuovo sguardo per riconoscere il nostro prossimo.

 

Abbandoniamoci alla scoperta di nuove strade come un esploratore, portiamoci dietro solo il necessario e viaggiamo leggeri, tutti insieme.