Tutto quello che non scrivo sul Cv


Quello che non scrivo sul curriculum è, in genere, vita vissuta. Sono i motivi di una scelta, di un sacrificio, sono la fatica di inseguire un sogno, sono tutte le gradazioni di grigio che si sono verificate tra il bianco e il nero e siccome in questa vita dobbiamo stare in equilibrio tra i tanti ruoli e le tante maschere, quello che ha determinato un passaggio non lo inserisco, non siamo abituati.

Un po’ perché preferiamo tenere le nostre emozioni nel liquido ancestrale della nostra anima, un po’ perché diventerebbe una lettura noiosa ed infinita.

Eppure sono passaggi importanti e molto valutativi, che non riusciamo ad esternarli completamente nei colloqui di lavoro, preferiamo essere sintetici e professionali o almeno così crediamo. Raccontarsi potrebbe essere la chiave per esprimere se stessi; se riesco a essere entusiasta di quello che sono, posso essere capace di buttarmi in un progetto aziendale.

La ricerca spesso è estremamente fina, non cercano un generico ma una persona che sappia solo di uno specifico settore correlato di Laurea e Master, tre lingue fluenti che spaziano da un capo all'altro del mondo e che sia under 30, con esperienza almeno quinquennale ma se decennale è meglio. Praticamente un genio già fornito di nobel.

Quindi a parte il genio fornito di nobel, a cui il lavoro entra senza cercarlo e spesso lo fa a titolo di volontariato, tutti gli altri sono dei poveri cittadini alla parossistica ricerca di un lavoro, pagato. Donne comprese, abituate a sbarcare il lunario e a replicare la quotidianità. Non parlo delle imprenditrici con l'arroganza di essere arrivate o quelle che hanno avuto la fortuna di entrare nello statale o fanno le infermiere la cui conciliazione dei tempi è faticosa. Parlo di tutte quelle che in qualche maniera nella loro vita hanno scelto di sospendere il periodo lavorativo o sono entrate nel privato, ed è fallito, o sono state licenziate, quelle per cui la vita non è stata proprio una passeggiata ma una corsa ad ostacoli in Tibet con uno Sherpa poco attrezzato e forse uno Yak come sostentamento. Donne che hanno costituito e cresciuto una famiglia, che si sono occupate di risorse umane proprie e alcune anche di quelle degli altri; non avevano zie e tate, non avevano disponibilità e non avevano alleanze così forti da riuscire a conciliare tutti i tempi o dare ad altri incombenze di cura. Tutte queste sono risorse spendibili nel mondo del lavoro, hanno accumulato esperienza e competenze.

Quindi non scrivo sul Cv che ho sospeso la mia attività lavorativa perché i turni erano impossibili nella conciliazione, il nido chiudeva alle 17 ed io pur facendo un part-time finivo alle 20.30, non dirò che la scelta è stata fatta poiché oltre a questo, mia madre era terminale di cancro e abitavo lontana. Neppure del mobbing dopo la gravidanza o di qualsiasi altra cosa possa essermi successo.

Scriverò che in questi anni ho frequentato corsi, seminari, ripreso gli studi e mi sono tenuta aggiornata e attiva, che tutto questo ha arricchito le mie competenze ma non viene valutato.

Non racconterò di quanto mi sia costato organizzarmi per riprendere a studiare.

Non insisto nel dire che in questi ultimi anni sono diventata precaria in  Pubblica Amministrazione una scelta fatta per avere un orario compatibile con un figlio di 10 anni; nel frattempo il “socio” ha pensato bene di creare una crisi di coppia enorme per trovarsene un'altra.

Non insisterò con altre difficoltà ma farò una lista ben strutturata delle mie competenze, con i titoli, i corsi.

Voi potrete leggerla e farvi un opinione in merito al mio mancato successo.

Sono una donna, ho un ruolo di procreazione e di cura, posso delegare solo se la cultura e la società mi sostiene a svolgere la mansione, ma se mi lasciate da sola il mio compito sarà immenso.

Sarà il momento che ne prendiamo consapevolezza.

 

Oggi over 50 significa niente lavoro, nessun colloquio e niente sconti della pena.

 

Si parla di cambiare settore, di assumere o integrare nuove competenze, si spinge verso l’autoimprenditorialità, si citano quelli che sono riusciti e si invita a non mollare mai, purtroppo non siamo degli automi e con le emozioni ci viviamo, quando sei a casa da troppo tempo perdi la tua identità sociale, hai un feedback culturale negativo e questo genera disistima di se stessi, rabbia e ansia. In realtà un disoccupato ha bisogno di essere ascoltato, non compatito, ma preso in considerazione, aiutato economicamente in primis e successivamente preso in carico da un sistema che lo segue attivamente verso un percorso che deve concludersi con un attività retribuita, o imprenditoriale o da dipendente.

 

Ad oggi un disoccupato adulto è un supereroe con una tutina aderente che si lancia in un work’s world tentando di salvare se stesso e il mondo dall’invasione degli alieni; le donne disoccupate invece, non hanno tutine aderenti ma viaggiano sulla Firebolt, in genere si guardano bene dal salvare il mondo, quello già lo fanno all days, stanno solo cercando di sincronizzare tutti i file del mondo conosciuto e non …. Alieni compresi.

Sono piccole pillole di realtà che oggi non viene valorizzata, uomini e donne sono alla prese con una crisi che potrebbe essere uguale al momento di uscita da una guerra, siamo solidali e diamogli tempo, tutto il tempo che serve per camminare verso una nuova alba.