La paleo fotografia

Joseph N. Niépce
Joseph N. Niépce

L’invenzione della fotografia è la realizzazione di un sogno perseguito dagli artisti di tutti i tempi, quello di catturare la prospettiva nelle sue linee tangibili in forma automatica, offre i suoi primi passi agli artisti del vedutismo.

 

 Il famoso Canaletto, attraverso la prima rudimentale camera ottica, cattura con esattezza le linee prospettiche, attraverso studi rigorosi preparatori, spesso correlati anche di misure e annotazioni sulle caratteristiche, mediante i quali l’artista predispone la struttura geometrica delle sue vedute.

La fotografia non è soltanto prospettiva, nella sua evoluzione tecnica storica diviene un mezzo espressivo estremamente accurato, la capacità di saper cogliere l’immagine e fermare il tempo è un sapiente aspetto di passaggio nella sua evoluzione, raggiungendo elevati tratti di emozionabilità che rendono unica quell’immagine.

 

La cosa che accomuna il passato ed il presente è la continua ricerca di saper catturare e di voler cogliere quell’esatto momento di luce che rende l’insieme dell’immagine un intero racconto, che si fissa all’interno della mente e del cuore, fino a giungere all’anima del nostro sentire.

Le prime ricerche su questa nuova tecnica incominciano già sul finire del ‘700, quando il progresso scientifico consente la messa a punto delle prime camere ottiche, antenata delle nostre attuali macchine fotografiche digitali,.

 

Consisteva in un sistema di lenti mobili (obiettivo) che proiettavano al proprio interno l’immagine capovolta del soggetto sul quale viene puntata, solo che al posto della pellicola o di un sensore elettronico,  vi era una lastra di vetro smerigliato o un foglio di carta sul quale ricalcare l’immagine riflessa. Il modello più complesso di camera ottica consisteva in un specie di armadio trasportabile da due addetti come una sorta di portantina, mentre quello più semplice consisteva in una cassettina di legno di dimensioni simili ad una scatola di scarpe.

 

Nei primi decenni dell’800, il progresso della chimica permette lo sviluppo di nuovi materiali sensibili alla luce, che se opportunamente esposti e trattati, erano in grado di registrare qualsiasi variazione di luminosità e poiché ogni immagine proiettata sul vetro smerigliato altro non è che un fascio di luce, sostituendo il vetro con una lastra spalmata di qualche sostanza sensibile, si poteva ottenere che la luce si imprimesse sulla lastra, lasciando l’impronta dell’immagine colta dall’obiettivo.

 

Da questo momento nasce la fotografia.

Nel 1827 Nicéphore Niépce mise a punto il relativo apparecchio, una camera ottica al cui interno si trovava una lastra di peltro resa sensibile da un emulsione a base di bitume, la cui fotografia richiese ben otto ore di esposizione e rappresenta la prima immagine senza intervento umano.

A Louis-Jacques Mandé Daguerre si deve invece il brevetto nel 1838, con quella forma di rappresentazione fotografica detta appunto dagherrotipia consistente nell’impressionare con la luce di una camera ottica una lastra di rame argentata, precedentemente trattata con dei vapori di iodio, poiché l’argento così trattato tende a ossidarsi in presenza della luce, sulla lastra rimaneva impressa la scena al negativo.

 

L’impiego di Sali speciali di mercurio serviva a invertire l’immagine come nella realtà, e a fissarla, cioè a stabilizzare in modo definitivo i livelli di annerimento. Il limite dell’invenzione stava nel fatto che ogni fotografia risultava un vero e proprio originale e non era più possibile realizzarne delle copie.

 

 


Il primo passo verso l’evoluzione

F.lli Alinari
F.lli Alinari

Ottenere una sola copia di un immagine non rappresentava certo un traguardo per la nuova tecnologia, a questo ci pensava già in forma qualitativamente eccelsa la pittura con i suoi artisti e le sue opere, serviva andare oltre il concetto di unicità e realizzare dei negativi che permettessero di ottenere copie successive di una stessa immagine.

 

Così il primo passo verso la fotografia viene fatto dalla pellicola composta da un emulsione sensibile che colpita dalla luce proveniente dall’obiettivo, viene impressionata in maniera direttamente proporzionale all’intensità luminosa stessa. Lo sviluppo della pellicola serve a rendere visibili il negativo e dai negativi si possono ottenere infinite ristampe.

 

Nel 1877 l’anglo-americano E. Muybridge esegue una prima serie di fotografie di soggetti in movimento, riuscendo a bloccarne e ad analizzarne le varie fasi, ponendo le basi per lo sviluppo della cinematografia. Nel 1888 viene commercializzato il primo rullino di pellicola Kodak sui mercati fotografici di tutto il mondo. Il rapido sviluppo della fotografia mette in crisi molti ritrattisti e paesaggistici di genere che riproduce risultati impeccabili a prezzi contenuti e in tempi estremamente più brevi rispetto alla pittura. E’ la moda del momento, ai ritratti dipinti si preferiscono quelli fotografici, sia per la novità che per il miglior realismo dei risultati e con dei costi relativamente bassi, gli artisti più sensibili iniziarono subito a servirsene in ausilio alla propria pittura.

 

Nel ritratto la fotografia dimostra ben presto la sua intrinseca superiorità rispetto alla pittura in generale, fotografi come Félix Nadar si specializzano arrivando a sviluppare abilità componitive e di indagini psicologiche del tutto simili a quelle di un ottimo pittore, per quanto riguarda i reportage e le fotografie documentarie, l’esperienza inizia a Firenze dove dal 1850 la famiglia Alinari si dedica a catturare le immagini che meglio rappresentano il territorio e le bellezze artistiche della toscana e addirittura del resto d’Italia e in alcuni casi di paese esteri, immortalando interessanti scene di vita contadina, feste popolari e religiose, personaggi noti e meno noti, dai venditori ambulanti agli scugnizzi napoletani e tutto quello che si trovava a portata di obiettivo.

 

Tutto ciò rappresenta una straordinaria miniera di informazioni storiche e sociologiche, in questa maniera la pittura e la fotografia si ritagliano i rispettivi spazi di azione, la pittura si concentra sull’analisi psicologica e sulle emozioni che l’artista vuole trasmettere e la fotografia pone attenzione allo studio ed al bilanciamento della luce e delle ombre.

L’invenzione della fotografia cambia il panorama dell’ottocento e si proietta direttamente nel nuovo secolo, nel quale l’immagine, fotografica, cinematografica, televisiva o digitale che sia, arriva ad influenzare il modo di vivere di milioni di persone e ci accompagna nell’era della globalizzazione con passi da gigante. Forse nemmeno Daguérre si sarebbe aspettato tanto!

 

 


Immagine & comunicazione

L’immagine è comunicazione. Nella scelta di ciò che mostriamo noi comunichiamo, messaggi ed emozioni, comunichiamo il nostro sentire rispetto ad un avvenimento, comunichiamo un modo di pensare ed una realtà tangibile ed inequivocabile, rappresentiamo un modus vivendi, proponiamo uno stile e raffiguriamo un intero mondo personale, rendiamo ai posteri un aspetto culturale e trasformiamo una banale quotidianità in un evento rappresentativo.

 

Collezionare fotografie è collezionare il mondo. I film ed i programmi televisivi hanno un aspetto letterario, un racconto realistico o iperrealistico ma coinvolto nel tremolante aspetto di illuminare una porzione della nostra vita, la fotografia invece è un oggetto, poco costoso, leggero e facile da accumulare e soprattutto lo si conserva anche in forma digitale, rimane con estrema tangibilità, dimostrando l’esperienza catturata e stabilisce con il mondo una relazione di conoscenza, una sorta di potere, poiché le immagini fotografate sembrano miniature di realtà che chiunque può produrre o acquisire.

 

Le fotografie forniscono testimonianze comprovanti che una determinata cosa è effettivamente accaduta, può avvenire una scelta di deformazione o di una porzione della realtà ma si presume sempre che sia esistita o esista qualcosa che assomiglia molto a ciò che si vede nella foto, insomma ogni fotografo vuole sinceramente mostrare un qualcosa che “c’è” sia esso un grande artista o un bravo fotografo amatoriale che riprende la sua famiglia. La macchina fotografica coglie effettivamente la realtà e non si limita ad interpretarla ma le fotografie sono un interpretazione del mondo, ed è proprio nell’immagine stessa il “messaggio” e la sua aggressione.

 

Quindi il messaggio lanciato attraverso una fotografia è un messaggio che avrà una presa emozionale e una forma di realismo maggiore rispetto ad un altro mezzo, avrà un potere proporzionale rispetto all’impatto emotivo ed alla scelta  della porzione di una realtà rappresentata, che andrà ad influenzare colui che entrerà in contatto visivo con l’immagine.

Un testo scritto con delle fotografie è un documento storico estremamente importante, gli archivi fotografici sono delle immense miniere di informazioni sulla cultura e la quotidianità del secolo passato, è una cronaca illustrata della famiglia di cui dimostra la sua compattezza e perpetua nel tempo l’immagine di coloro che ci hanno preceduto, diventa una forma di immortalità e di importanza che altrimenti non avremmo avuto.

 

Questa nostra società moderna è una produttrice eccelsa ed una consumista vorace di immagini che hanno la capacità straordinaria di determinare il nostro quotidiano impatto con la realtà, modificando e manipolando il nostro essere stesso, accompagnandoci ad uno stile che ci rappresenta, al nostro essere simili ad altri e nel nostro divenire similitudine nelle scelte e nei gusti livellando la natura umana, abolendo così le sfumature personali. Ormai l’immagine fotografica è il nostro futuro, nostro sarà il compito di riuscire a costruire un eco messaggio che sia rispettoso della realtà e delle emozioni dell’uomo.

 

 


Questi brevi articoli sono stati preparati per una rivista in rete, denominata HTML, che non è mai stata pubblicata.